Almamegretta: «Siamo tornati cani sciolti»

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Data: 29 gennaio 2004
Giornale: Il Mattino

DEBUTTO PARTENOPEO

di Federico Vacalebre

Il pubblico è quello delle grandi occasioni, i nuovi Almamegretta si presentano al pubblico partenopeo, il «loro» pubblico. La sala della Feltrinelli è gremita, la platea è attentissima. Il gruppo si presenta, tra rabbia, disagio, rimpianto, voglia di fare. Poi... scioglie i cani e riannoda il filo rosso iniziato a tessere in un'altra Napoli, all'alba degli anni Novanta: «Petra d'oro», hit potenziale che solo le radio più stupide e omologate del pianeta possono evitare di programmare, scioglie anche il ghiaccio, poi la serata va avanti tra assaggi live del nuovo album (l'ottimo «Sciuoglie 'e cane», appunto) e chiacchiere. Il grande assente, Raiz o Reeno che dir si voglia, è subito chiamato in causa: «Noi ci siamo sempre sentiti un collettivo», spiega il giramanopole D.RaD, «è stato lo showbusiness a fare di lui il nostro leader. Ora che lui ha sentito l'esigenza di fare un percorso tutto suo, rieccoci collettivo, con tante voci diverse, che vanno e vengono».
Gli Alma senza Gennaro, possibile? Patrizia Di Fiore, anima melodica del nuovo corso che nella band fu sostituita da Raiz ed ora è tornata, alla Feltrinelli non c'è, è incinta, mancherà anche nel tour al via da Milano il 12 febbraio, al suo posto ci sarà una giovane scoperta, Zaira Zigante. Ma gli occhi - e le orecchie - di tutti sono puntati su Lucariello, rapper verace atteso a un paragone difficile, anzi impossibile. Coppola in testa, lui spara in faccia alla platea le sue rime stradaiole, il suo dialetto nudo e crudo, senza tentare di imitare la carnalità profonda del «figlio di Annibale». E vince la sua scommessa, aiutato dalla batteria di Gennaro Tesone, della chitarra di Giovanni Mantice (un altro vecchio pard tornato all'ovile), il computer di D.RaD. «Petra d'oro» e «Cinque dita» parlano della Napoli rimossa, dei vicoli dove il sole non è entrato, proprio come il rinascimento a lungo sognato: «L'abbiamo inseguito anche noi, ma qualcosa non ha funzionato», ammette Tesone, memoria storica degli Alma. «Nel centro storico come in periferia Napoli non è la città-vetrina che si mostra ai turisti. Noi cantiamo questa contraddizione, le storie che vediamo, e per farlo usiamo i suoni che ci appartengono: quelli angloamericani con cui siamo cresciuti, quelli napoletani, ovvero mediterraneamente contaminati, che ci danno la possibilità di non essere soltanto una brutta copia di quanto ci arriva dagli Usa o dal Regno Unito».
La rabbia cova sotto la cenere e ce n'è per tutti. Per Berlusconi, naturalmente, e i «neocon», nostrani. Per chi governa Napoli: «In questa presunta capitale della musica non c'è uno spazio adatto al nostro concerto». E per le multinazionali del disco: «A metà anni '90 hanno messo sotto contratto la scena alternativa senza sapere come gestirla, quando hanno visto che non rendeva ci hanno scaricati. Rieccoci cani sciolti, indipendenti: ci autoproduciamo con la nostra Sanacarore Record, scaricateci pure dalla rete, ma poi venite a verderci dal vivo».

Aggiornato Giovedì, 08 Settembre 2005
Ultimo aggiornamento ( Martedì 28 Luglio 2020 12:05 )