Nella giungla degli Almamegretta il ritmo del diavolo

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Album: 4/4
Data: 14 ottobre 1999
Giornale: Musica

UN NUOVO CD, "4/4", PER RIDEFINIRE I CONFINI DEL PROPRIO TERRITORIO

di Gino Castaldo

Se l'onda che sale è quella del buonismo, allora gli Almamegretta ci tengono a far capire che loro preferiscono rimanere dalla parte dei diavoli, ribollenti, schiumanti e definitivamente pagani.
Anche se il nuovo album 4/4 presenta più di una novità, compreso un certo occasionale, ironico, andamento pop che però non muta del tutto l'energia tecnoafricana del gruppo. Fin dai primi suoni ci si addentra in una foresta densa, intricata, che lascia tracce sulla pelle, graffi e resti di strane piante, una foresta ormai priva di una precisa territorialità. Gli umori sono quelli che potrebbe esprimere un vulcano tropicale emerso a sorpresa in un fabbrica di robot. Cos'è diventata la loro Napoli? Forse un luogo della mente, una radice, affollata di umori e protuberanze impreviste, che arriva ormai a sfondare il tetto del pianeta.
Su questo problema delle radici gli Almamegretta ci si sono scontrati parecchio. Generati dal sangue della terra, nutriti dalle ombre del dub, passati attraverso l'esorcismo di Sanacore, erano arrivati l'anno scorso a Lingo, album di grandi suggestioni ma anche di grandi incertezze, come per tutti i riti di passaggio (in questo caso dalla densità invincibile della radice napoletana a un orizzonte più vasto e meno rassicurante). Ora il guado sembra pornmobileultimato. Con 4/4 gli Almamegretta sembrano finalmente liberi di sentirsi cittadini del mondo. Emerge tra l'altro la vena pop del gruppo, finora soffocata, evidente in un pezzo come Sempre, ma non solo. C'è sempre quell'impressione di stratificazione profonda che ha caratterizzato la storia del gruppo. Si balla sempre, c'è un lato fisico, ruggente, animalesco, pur se addolcito dai confini anglosassoni a cui il gruppo si rivolge, il ritmo incalza, non lascia tregua, gioca, saltella tra reggae, funky e pop, ma basta girare l'angolo del solco successivo per trovarsi di fronte un muro ossessivo, un ritmo che a tratti ha perfino qualcosa di cattivo. La lingua è ormai estesa. Non conta più tanto se si tratti di dialetto, di italiano, di arabo o inglese, quanto che la pronuncia sia sempre quella di una dizione dura, rovente, provocatoria, non confondibile in alcun modo con la piaggerìa accomodante delle musichette di mercato. Il gioco del doppio e chiaro: il diavolo batte in quattro tempi il suo ritmo di danza.

Aggiornato Sabato, 30 Luglio 2005
Ultimo aggiornamento ( Martedì 28 Luglio 2020 11:28 )